Occorre anzitutto distinguere la pulsione creativa dell'artista dalla natura creatrice, che è necessità biologica, atta alla permanenza della specie. L'attività creativa dell’artista combina l'impulso a manifestare la propria presenza nel mondo con l'opera, che si rende monumento, così da tramandare tutto ciò che è strettamente connesso con la mortalità dell’essere-nel-mondo.
L’opera d’arte gli sopravvive per antonomasia. “Io l’ho creata” è il termine ambiguo che delinea la faticata messinscena del tentativo di eguagliare la pulsione creativa alla natura creatrice.
L'artista, illudendo se stesso nella pantomima di un parto, immagina di creare una vita inedita, parafrasando, nell'indicazione equivoca del suo atto, la capacità creatrice della donna. Ma il soffio vitale generante è appannaggio solo di chi ha nella sua natura biologica la capacità di creare. La donna possiede questa facoltà, per sua intrinseca costituzione. L'artista cammina nella strada secondaria della donna e di Dio, che creano la vita. L'artista parla della carne viva e pulsante della materia bruta che modella, degli umori scaturiti dalle forze che la natura diffonde, ma tutto questo mondo artificiale pulsa solo di una convenzione. È rappresentazione.
Ha ragione René Magritte quando dipinge Ceci n'est pas une pipe, il cui messaggio primo non è nell'indicazione della differenza fra l'oggetto rappresentato e la sua realtà tangibile, ma nella resa incondizionata dell'artista di fronte alla consapevolezza dell'impossibilità di uguagliare la natura creatrice, che è femminile e divina. Per ogni pennellata, parola o nota che l'artista aggiunge al mondo, altro non fa che costruire le sue ali d'Icaro. L'attività dell'artista mimetizza i caratteri dell'architettura divina, dissimula una stringa genetica inesistente, creandone una a sua propria immagine e somiglianza.
Ed è da tempo immemorabile che l’artista si chiede perché, cosa lo spinga a rappresentare il mondo, indipendentemente dallo spostamento del suo centro d’interesse: che sia la natura, la macchina o il proprio universo psichico o spirituale, l’uomo cerca nella rappresentazione un alto punto di contatto con ciò che non comprende.
(continua)