Domiziano riedificò una parte del Palatino, quella che lo raccordava ai Fori e che era stata voluta da Caligola, capricciosamente, con tanto di piscina, poi devastata dagli incendi. Le costruzioni sono ancora visibili nella loro imponente altezza.
Poi venne la decadenza e poi i barbari. Nel 552 i Bizantini presero Roma e diedero avvio a un’ampia opera di ricostruzione: mura, acquedotti, palazzi e… chiese. Il quadriportico di Domiziano, che doveva avere due livelli e l’impluvium nel mezzo, fu trasformato in chiesa. Preceduto da un atrio, diviso in tre navate, aperte abside e cappelle, lo spazio sacro incominciò presto a essere decorato come meritava una vera e propria chiesa palatina. A un lato aveva il Tempio di Augusto, nell’altro la rampa imperiale che conduce dai fori al colle palatino. Era nel cuore della Roma pagana e, seconda solo alla chiesa dei santi Cosma e Damiano, era primizia dell’insediamento cristiano in quei luoghi storici. E proprio per la sua posizione doveva svolgere un ruolo importante nella trasformazione come pure nell’accoglienza dei pellegrini. Il medioevo era inziato.
Vita intensa, quella di Santa Maria Antiqua, come dimostra la sovrapposizione degli affreschi. Ben 250 metri di parete dipinta e ridipinta a volte in più strati: un corpus eccezionale della pittura bizantina se si pensa che in oriente l’iconoclastia ha lasciato pochi sopravvissuti. Il brano più studiato è la chiamata «parete palinsesto», con quattro strati di affreschi prodotti in quattro epoche successive. All’inizio della chiesa è databile la Madonna col bambino e un angelo, vestita da vera basilissa, un po’ come nei mosaici ravennati di Sant’Apollinare Nuovo ma con la profusione di gemme e collane che vedremo dopo nell’icona di Santa Maria in Trastevere. Di una seconda fase ci è rimasta un’Annunciazione degli anni Sessanta-Settanta del VI secolo. Al 650 circa vengono datate le immagini dei santi Basilio e Giovanni e al pontificato di Giovanni VII (705-707) altre figure.
Sull’altare è un famoso affresco dell’VIII secolo raffigurante la Crocifissione con Cristo che veste il colobium come in altri esempi contemporanei e romani. E poi la piccola cappella di Teodoto, anch’essa affrescata.
Che la chiesa fosse importante per i papi lo dimostra il fatto che a volerla abbellire furono Martino I, Giovanni VII, Zaccaria, Paolo I e Adriano I, dal 649 al 795. In particolare Giovanni VII, che trasferì la sua residenza dal Laterano al Palatino, primo tentativo di istaurare il potere pontificio a Roma e inizio dello Stato della Chiesa. Ma nel 847 un terremoto fece crollare gran parte di quegli edifici e la chiesa fu abbandonata.
In Santa Maria Antiqua si venerava pure la più antica icona romana, dopo il terremoto trasferita da Leone IV a Santa Maria Nova insieme al titolo. Sembra probabile una datazione ai primi decenni del V secolo e la tradizione la vuole proveniente dall’oriente. Purtroppo solo la testa della Vergine e del Bambino sono originali, il resto fu rimaneggiato nel Duecento.
Dopo l’incendio la chiesa, inagibile, fu pian piano dimenticata. Sull’atrio furono impiantate secoli dopo delle strutture barocche. Poi la riscoperta e i primi restauri ottocenteschi. Ma è stata sempre poco visitabile, specialmente negli ultimi 30 anni, sottoposta a una massiccia campagna di restauri. Oggi è riaperta al pubblico con una mostra «su se stessa», che evidenzia anche con sussidi di moderna tecnologia i recuperi portati a termine. Per l’occasione è tornata a casa l’icona antica.
Michele Dolz