HOW DEEP IS THE OCEAN

 

Opere dense e simboliche, un colore stratificato e metaforico, una stesura dove la materia cromatica vibra di fermenti vitali: nel suo recentissimo ciclo, Michele Dolz lavora attraverso codici allusivi in una pittura che suggerisce una riflessione complessa e articolata sull’animo umano e sui suoi arcani.

Il titolo è ripreso dalla canzone How Deep is the Ocean di Irving Berlin e si ispira anche a un’altra canzone, Com’è profondo il mare di Lucio Dalla: due testi che si riferiscono alle profondità dell’uomo, a sentimenti d’amore e di dolore e ad abissi inconsci, alla libertà e alla sua limitazione, alle ascese e alle cadute, alle passioni, alle emozioni e alla loro cancellazione.

Grazie alla pittura, Dolz crea un mare parallelo, uno spazio immaginario dove i pesci sembrano diventare sia le figure simboliche delle iconografie paleocristiane e dei Vangeli sia segni allegorici che parlano dell’umanità stessa, nel dialogo tra l’esistenza distesa nel tempo e la dimensione atemporale dell’eternità, il cui punto di intersezione può essere rappresentato proprio dall’attraversamento dello spazio sommerso dove abitano gli archetipi, dalle immersioni in fondali dove i sogni ci rivelano messaggi enigmatici.  

La pittura di Dolz è dunque sospesa tra la presenza iconica e l’astrazione, come se le figure dei pesci divenissero reminiscenze fragili tracciate nell’acqua, destinate a scomparire tra le correnti e le onde, come sentimenti e ricordi cancellati dal tempo, o a ricomparire forse come frammenti di memoria riemersi dalle sabbie dell’oblio e affiorati al chiarore della razionalità.

La pittura stessa di Dolz sembra in bilico tra la materia e la sua negazione, tra un colore sabbioso e tattile disteso sul supporto e una stesura leggera che parafrasa il mondo liquido del suo oceano simbolico, in una visione dove le gocce e le macchie di matrice informale sembrano seguire un percorso che attraversa la notte dell’anima e si rischiara di illuminazioni gioiose, penetra nelle ombre della melanconia e si accende di fulgori amorosi, in un percorso circolare tra terreno e celeste, tra l’orizzonte della coscienza e lo spazio subacqueo dell’inconscio.

Così, come un sommozzatore della psiche, Dolz si immerge tra le onde del suo oceano metaforico, attraversando i suoi abissi con gli strumenti originari del disegno e della pittura, pescando con la sua rete pesci sacri che si disfano e rinascono senza fine, in un viaggio tra le tenebre e la luce attraverso quel mare celato dove gli esseri umani possono pescare le stelle preziose nascoste nel centro profondo dell’animo.

Lorenzo Canova